lunedì 10 dicembre 2007

Baby gang, botte e rapine ai minori - ViviMilano

Baby gang, botte e rapine ai minori - ViviMilano

Aggressioni di bande armate con caschi e coltelli. I ragazzi: «vogliono soldi e cellulari. Abbiamo paura, non giriamo più soli»

«E voi da dove spuntate?». La domanda è del più grosso del gruppo, cappuccio della felpa sugli occhi, casco a scudo sul braccio. Il marciapiedi di corso di Porta Ticinese è sbarrato: sono sette in tutto, hanno 17 e 18 anni, scavallatori, rapinatori per soldi, fama e divertimento, i violenti del centro. Sono le cinque di venerdì pomeriggio. Le vittime sono quattro ragazzini di 15 e 16 anni, famiglie di professionisti alle spalle, svelti a capire che non è aria: «Abbiamo avuto paura». Tre scappano, venti metri di scatto, s'infilano in un negozio, esce il titolare e urla. Salvi. Il quarto viene rincorso, afferrato per la manica, colpito con il casco alla testa. Terrorizzato. Dice: «Sto sempre con qualcuno, non giro più da solo». Nemmeno in centro, tra il Duomo e le Colonne. Regola di sopravvivenza: «Sguardo basso». I genitori fanno denuncia ma non si capacitano di «come possa succedere, è una follia». Quei bravi ragazzi che picchiano i loro figli sono figli anche loro di Milano. Italiani da gang che «controllano le vie, spadroneggiano, si sentono forti e impuniti». E ogni fine settimana picchiano per rubare. Fanno soldi e fama. I nuovi status symbol. Questa storia ha nomi e cognomi, ma non si possono dire. Le vittime delle violenze sono minorenni. Buoni licei e istituti del centro, ma anche lezioni in scuole dure, senza gloria. Frequentano la pista d'atletica e il campo da calcio, la sala prove, librerie e giardini. Problema: vittime e carnefici «sono uguali», vestono allo stesso modo, la felpa larga e tirata sulla testa, i jeans sdruciti, cinture e occhiali griffati. D&G, Gucci, Ray Ban. Però: i cattivi «si riconoscono dallo sguardo». Racconta uno dei quindicenni aggrediti alle Colonne: «Ho imparato a inquadrarli ormai, girano in gruppo, ti guardano storto». Loro, i bulli. «Ti minacciano, vogliono soldi, occhiali e cellulare, se non fai come dicono te le danno». Il boss e i suoi scagnozzi, ragazzi qualunque, più noti alle forze dell'ordine che ai genitori. Scendono dalle periferie e arrivano dall'hinterland il sabato e la domenica. Bevono e fumano, birre, vodka e hashish. Cercano le risse, rubano, usano i coltelli. «Scavallare», gergo da teenager. Il dizionario dà due definizioni: muoversi sfrenatamente oppure condurre una vita sregolata. Il gergo dei ragazzi ha acquisito la seconda: gli scavallatori sono i delinquentelli che rapinano con le lame e i pugni sul muso. Si piazzano fuori dallo Shocking sui Bastioni, davanti al Tocqueville. Bloccano le vittime in via Torino: giorni fa, alcuni ragazzini si rifugiano in uno store e chiedono aiuto al vigilante. Lui: «Girano delinquenti, cerco di tenerli alla larga». L'associazione dei negozianti di via si ribella: «Troppa brutta gente qui». Le rapine non si contano. Decine a settimana. Denunce, poche. Sabato sera, via Pioppette, zona Colonne. Un ragazzone di vent'anni, cresta di capelli punk, afferra un sedicenne per il collo, «dammi il cellulare o ti ammazzo!». Gli strappa il telefonino della tasca e gli rompe il setto nasale, labbra, denti: «Perdevo sangue, mi hanno portato via gli amici nel portone più vicino», borsa del ghiaccio in faccia. Una settimana prima, stessa zona, davanti alla creperia: quattro ragazzi sono circondati, «svuotate tasche e zaini o vi spacchiamo la testa». Due scappano, due consegnano cellulari e portafogli. Telefonini di ultima generazione e occhiali da copertina. Rapine in giro e mercato a scuola: 20 euro un paio di Gucci, 50 per un Nokia. Le offerte sono chiacchiere di corridoio tra spinelli e smargiassate: «Li abbiamo presi a degli sfigati», «eravamo in giro a cercar risse», così, «per il gusto di farlo». Menare le mani, guadagnarci su e vantarsi? «Questo non è bullismo, è una forma di violenza dilagante», spiega don Augusto Casolo, il parroco di San Lorenzo. È la peggior cultura di strada, «mi serve una cosa, me la prendo. È la prova di una società incattivita». Un negoziante del Ticinese («Ma niente nomi») scommette che «prima o poi qualcuno gli darà una lezione, a 'sti teppisti. Io per primo, se li becco». Ultima manifestazione studentesca. Picchetti ai cancelli e striscioni in corteo. Mescolati, tra gli attivisti degli istituti, gli scavallatori: «Hanno rubato di tutto, con le minacce». Quei bravi ragazzi di Milano? Casa, scuola e rapine. Occhiali e cellulari sono in vendita: prezzi stracciati, astenersi perditempo.
A. St.
12 novembre 2007

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